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lunedì 2 aprile 2018

Ama il prossimo come ami casa tua (o il tiramisù)


Il tramonto che scende ti costringe a togliere gli occhiali, i tuoi occhi vorrebbero chiudersi e immaginare un qualcosa di rassicurante. A sentire la radio mancano ancora una ventina di chilometri per tornare a casa e una fila di sei-sette per un incidente. Puoi giocare a trovare la stazione migliore, quella che non ti dà le solite notizie sulle autostrade. Oppure puoi immaginare che in una galassia lontana cada quella stazione spaziale cinese abbattendosi sui professoroni della vita che ci spiegano la disoccupazione.

Fosse per me piglierei una piccola valigia e me la porterei sulla luna, accontentandomi di quattro mura e di qualche sogno stracciato in tasca. È che ho gli occhi stanchi, ho mangiato troppo, altrimenti sai quanto poco c'avrei messo a partire. Avrei preso la prima navicella low-cost e me ne sarei andato via, lontano, dove nessuno avrebbe potuto vedere mie foto o mie storie su Instagram. 

Solo che durante quel viaggio sicuramente avrei avvertito le stesse sensazioni che ho avuto sul mio posto da passeggero in macchina, fissando fuori dal finestrino. Ogni tanto mi incanto fissando un punto fisso nel vuoto e mi è capitato anche stavolta. E no, non stavo fissando gli occhi di quella ragazza, giuro. Erano gli occhi di un'entità a parte, le luci di una collina che creavano un'aurea unica. Patinata come un filtro Instagram, indecifrabile al cuore umano, ma avvolgente e caldo come quegli abbracci sotto le coperte, quando hai freddo pure ai piedi. E ci ho provato a non pensare che non ho bisogno di te, lo faccio ad ogni viaggio. Ti guardo sornione, ma ti guardo e alla fine c'è un qualcosa che qua dentro non può stare. Che ti potrei saltare addosso e baciare, se tu fossi una persona. Che mi tufferei ora e nuoterei (anche se faccio cagare), se tu fossi il mare. Che ti mangerei, se tu fossi il tiramisù (quello di mia madre). Ho provato molte volte a parlar male di te, che sì, le metropoli sono belle, funzionali, di un altro livello, ma potessi odorare la salsedine per un secondo, dopo che dico tutte quelle banalità, ti chiederei scusa per tutto. E ti chiederei di tornare, subito, incondizionatamente. Ti penso ogni volta che ti vedo in foto, ogni volta che percepisco il ritorno, ogni volta che un goccio d'acqua di quel mare che ti accompagna mi tocca le dita. Ed immagino l'effetto che la tua sabbia fa sui miei piedi. Ho sognato una volta di salirci su quella navicella low-cost verso la luna. Ero felice di andarmene, ma poi fissavo dall'oblò le tue colline e una lacrima, una sola, si poggiava sulle mie guance. Quel sogno è l'unico nella mia vita che si avvera quando prendo un treno o un aereo per davvero. 

Mi stufo così presto di te, che non vedo l'ora di riannoiarmi il prima possibile. Anche ora che sono tornato a casa e addento il tiramisù di mamma, fissando sornione un punto vuoto con il cucchiaio in bocca. E penso davvero, mai come ora, che nulla è come stare a Casa. 

Ciao. 

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