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lunedì 28 maggio 2018

La democrazia è morta (o forse no)


Sergio Mattarella ha settantasei anni. Nella storia è stato uomo politico protagonista della storia repubblicana, ha vissuto tutti i passaggi storici del nostro Paese, ai vertici della Democrazia Cristiana e del centrosinistra poi, è stato eletto Giudice della Corte Costituzionale, ha sopportato la morte di un fratello, politico anch'egli, assassinato dalla Mafia. Insomma, stiamo parlando di una Persona che qualche brandello di vita l'ha vissuto. La sua elezione a Presidente della Repubblica, nel 2015, lo ha portato chiaramente ad un'esposizione totale, lui che ha sempre mostrato la sua figura così pacata e saggia rapportarsi alla vita parlamentare e non. Ieri sera però, qualcosa è cambiato. Qualcosa di strano ed inedito è uscito dalla porta della sala della vetrata del Quirinale. E a vederlo in televisione sembrava di percepire per filo e per segno ogni sospiro concitato, come se Mattarella fosse di fronte a me. La sua camminata, rigida e allo stesso tempo più rapida del solito, accompagnava un viso scuro, attonito, con l'espressione di chi percepisce a pieno cosa sta per succedere. Un disastro. Le parole del Presidente della Repubblica sono state talmente nette, chiare, taglienti e precise, che non lascerebbero chiarimenti o domande al miglior giornalista del mondo. Eppure, già prima che pronunciasse quelle parole, dopo aver comunque capito ciò che stava per accadere, c'è chi nel nostro Paese è riuscito a fraintendere un discorso di una tal importanza storica. 

Fisso il mio manuale di Diritto Costituzionale. Penso che la nostra Carta è ancora giovane, in fondo sono solo passati 70 anni da quel 1° gennaio 1948. Ma mi vergogno un po' a pensare che proprio quel lascito, così unico e straordinario, sia diventato negli ultimi anni arma di attacchi, speculazioni, interpretazioni fuorvianti. Terra di referendum e prove di forza, di crociate ad personam, svolte nel nome di una giustizia astratta, che hanno sempre soltanto svalutato il valore della nostra Costituzione. Ciò che però mi scuote, lasciandomi molti dubbi, è come sia facile in questo frangente storico fraintendere e interpretare a proprio piacere qualsiasi gesto o parola. Il che sarebbe anche accettabile, se si limitasse al mero gioco politico delle parti, ma diventa inaccettabile e vergognoso quando si strumentalizza la Costituzione. Abbiamo sentito per mesi, anni, tutte le forze politiche, cosiddette "populiste", lanciarsi a gridi di allarme, di indignazione, quasi di richiamo alle armi. Attraverso questi stratagemmi, che di fondo hanno comunque un barlume di realtà, non si è arrivati al risveglio responsabile delle anime degli italiani, ma si è chiesto di lottare e andare contro il proprio Stato, contro la propria Costituzione. Abbiamo sentito che la Costituzione è sacra e non si può toccare, perchè il Referendum costituzionale di Renzi era un attentato alla democrazia, che il Partito Democratico e Forza Italia hanno formato un governo illegittimo, perchè non hanno vinto le elezioni, e hanno designato dei premier non eletti dal popolo. 

Ora con ciò non voglio assolutamente dire che non è così, che tutte queste affermazioni siano false e sbagliate, ma vorrei semplicemente spostare lo sguardo su quello che le forze politiche, che prima gridavano allo scandalo, hanno fatto in questi ottanta giorni post-elezioni del 4 marzo. Il risultato è stato uno: fare esattamente lo stesso dei propri predecessori. Ma perchè i Cinque Stelle e la Lega si sono comportati nello stesso modo dei propri predecessori? Perchè hanno improvvisamente sbugiardato la loro integrità morale ed elevata al di sopra di ogni forma di corruzione, andando addirittura ad allearsi con il nemico dopo essersi buttati fango per oltre cinque anni? Per atto d'amore nei confronti del Paese? Probabilmente, anche. Ma più semplicemente perchè il sistema repubblicano italiano, che più o meno tranne qualche piccola differenza è lo stesso da 70 anni, permette e stabilisce questo. Perchè la legge elettorale ed il sistema bicamerale ha sempre creato questo scompenso. E non è un caso che si siano succeduti 64 governi (quasi 65), in 70 anni di storia repubblicana. È la Costituzione, bellezza!

Ma è bello sentire l'introduzione di nuovi termini: come il "contratto di governo" o "l'avvocato di tutti gli italiani". Che sotto mentite spoglie significano "alleanza politica" e "premier non eletto dal popolo". Salta però un passaggio che permette a questi schieramenti di oltrepassare quell'indignazione pubblica da loro creata, sfruttando lo spaesamento che gli elettori hanno in testa, dopo tutta la violenza vissuta per cinque anni. Cinque anni in cui, sia chiaro, non è che ce la siamo passati bene. Anzi. Io non voglio dire che Cinque Stelle e Lega non dovessero allearsi. Vorrei dire che devono farlo, se hanno gli interessi e i numeri di farlo, perchè il sistema costituzionale dice esattamente questo. Così come Partito Democratico e Forza Italia fecero nel 2013. Ma fa un pochino ridere, pensare alle parole espresse solo qualche mese prima, che ora lasciano spazio a tutt'altro. 

O meglio: lasciavano spazio. Perchè ieri è andata in scena la notte più buia della storia politica italiana. E oggi ci siamo svegliati con l'ennesimo premier incaricato, senza maggioranza stavolta. Il famoso contratto di governo tra Cinque Stelle e Lega, con presidente del consiglio Conte, è saltato, a causa del veto del Presidente della Repubblica sul nome di un ministro. E apriti cielo. Il dottor Paolo Savona, ago della bilancia del futuro dell'Italia. Un professore di 82 anni, con posizioni passate euro-critiche ed una vita tra Prima e Seconda Repubblica, fautore del nuovo Governo del cambiamento della Terza Repubblica. Sarà che ai paradossi non smetteremo mai di abituarci, ma forse è il caso di iniziare a farlo. Questo è stato il motivo, espresso poi in conferenza stampa dal Presidente Mattarella, per cui non è stata messa la firma sulla lista dei ministri. Da lì la mobilitazione è stata totale. E si è arrivati allo scontro più vergognoso della nostra storia moderna. Pensare di arrivare a mettere il Parlamento, e quindi i rappresentati dei cittadini, contro il Presidente della Repubblica per un veto su una nomina, accusandolo di abuso della Costituzione, è probabilmente uno dei più grandi colpi di scena della politica democratica. 

Ma perchè Mattarella ce l'ha così tanto con Savona? No, non hanno litigato in passato. Il Presidente della Repubblica ha detto che la motivazione si cela dietro il suo dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri, affidato dalla Costituzione, di essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani. Se si leggesse un po' meglio la Costituzione basterebbe vedere proprio l'articolo 81 della Costituzione, che dice che "lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico". Cosa evidentemente che non andava di pari passo con il nome proposto dalla coalizione giallo-verde. Ma sia nella risposta di Mattarella, che nell'articolo 81 della Costituzione, si cela un messaggio ancora più forte che il rappresentante massimo dello Stato, ha voluto esprimere, con un tono di voce altissimo: che l'Italia è in Europa ed è l'Europa. Per questo non può accettare una figura anti-europeista alla guida del bilancio pubblico italiano. Ed i valori europei vanno difesi con le unghie e con i denti, al cospetto degli uomini che ci sono dentro che non sempre hanno fatto del bene.

Da lì si è arrivati dritti all'"impeachment". I Cinque Stelle si sono appellati all'articolo 90, per condannare il gesto di Mattarella, che recita questo:
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Chiaro? Stato di accusa, per alto tradimento o attentato alla Costituzione. Parole pesanti come un macigno, equiparabili ad un colpo di Stato, che colpo di Stato non è e non è mai stato. Il Presidente Mattarella ha fatto una scelta forte, che ha scatenato un risultato politico. Ma questa scelta non è nata da una sua decisione politica, bensì per salvaguardare ciò che la Costituzione recita. Nell'articolo 92 si dice chiaramente che "il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri". Su proposta, che poi deve essere accolta. E Mattarella ha esplicitato la sua approvazione alla proposta di tutti gli altri ministeri, invitando alla sostituzione di un nome soltanto. Democrazia non vuol dire "va bene tutto quello che diciamo noi ad ogni costo", ma il rispetto delle norme dello Stato, che ha ovviamente il popolo come sovrano, rappresentato dal Parlamento, che è regolato da un'unica ed insostituibile forma vitale: la Carta Costituzionale. Non mi metto a sostenere di chi sia stata la scelta giusta e di chi quella sbagliata. Penso che Mattarella abbia avuto un'idea forte, autoritaria, nel pieno rispetto della Costituzione, che può sicuramente non essere condivisibile (da un punto di vista politico). Così come può non essere condivisibile il pugno di ferro dei due alleati gialloverdi, nel sostenere "o Savona, o la morte". Come in ogni caso, basterebbe un po' di buon senso. Ma forse non è tempo per noi. 

Fa tristezza leggere questa contrapposizione di hashtag e parole grosse. Che dovrebbe finire immediatamente. Perchè no: non è una lotta a chi ce l'ha più grosso. Non c'è attentato alla democrazia, se a vincere è la Costituzione. E dovremmo aprire un po' di più i libri e spegnere di più lo smartphone. L'altro giorno al MI AMI Festival ascoltavo Francesca Michielin che cantava il ritornello della sua "Bolivia", che recitava questo:
È l’umanità che fa la differenza
Portami in Bolivia per cambiare testa
Portami in Bolivia per cambiare tutto
Spegnerò il telefono
Sarò libera e indipendente 
Probabilmente avremmo tutti un po' bisogno di un biglietto di sola andata, destinazione Bolivia. Sperando che non ci accusino di impeachment.
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