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lunedì 1 gennaio 2018

Il primo treno (di notte) dell'anno


L’orologio di M. non funzionava quella notte. Le lancette di quell’oggetto così innocuo, ma allo stesso tempo prezioso non scoccavano più, erano fisse alle 23:59. Niente di più, niente di meno. Era l’orologio di suo nonno, che qualche anno fa era morto di malattia.



Un secondo lo separava tra un anno e l’altro, ma l’arrivo della mezzanotte e del nuovo anno M. l’ha percepito lo stesso. Dei lampi squarciavano quel buio tenebroso, dei botti potenti, netti, che rimbombavano nella sua cassa toracica. L’eco di una zampogna, che in realtà era la filodiffusione fastidiosa di quella stazione, ed il rumore meccanico delle scale mobili lo incantavano. Si immaginava il profumo del mare, nella sua testa scorrevano delle onde.
M. adorava vedere il mare infrangersi contro gli scogli e molte volte cercava di immedesimarsi in quelle onde, per poter sfogare il suo continuo stress contro quei massi. E proprio mentre percepiva la sabbia tra le dita, si rendeva conto in realtà di essere dentro una stazione, da solo, il primo dell’anno. Mostrò il biglietto alla guardia giurata, che con un cenno ed una frase regalò una speranza a M.

“Auguri e ricorda: chi viaggia a Capodanno, viaggia tutto l’anno”.
M. sorrise, ricambiò gli auguri e cercò di convincersi di quell’auspicio. Ma poi superando il varco dei controlli, iniziò a ricordare di tutti i capodanni in cui mangiava inutilmente lenticchie, perché “portano soldi”. È duro con sé stesso, mai come in quel giorno, non sopporta la piega che la sua vita sta prendendo. Qualche giorno prima aveva venduto la sua macchina, per racimolare qualche guadagno e andare a vivere a Milano. Sperava nell’aiuto delle lenticchie, ma non era ricco di famiglia. M. aveva tanti sogni nel cassetto, ma non riusciva a realizzarli per tanti motivi. Sfogava la sua frustrazione fumando Marlboro rosse, spendendo più in sigarette che in cibo.
Fumava nervoso quel giorno, sul binario 3. Tra l’indice e il medio teneva virtuosamente la sua sigaretta e la aspirava profondamente, il più profondamente possibile. La combustione di quel tabacco era la sua pena, ma la sua salvezza. Quel gusto amaro in bocca, gli ricordava di tutti i tormenti che stava passando e allo stesso tempo della panacea per curarli temporaneamente. Su quel binario c’erano lui, i suoi pensieri (tanti) ed un ragazzo che gli chiese una sigaretta. M. non rifiuta mai di condividere, è generoso, non si tira mai indietro. Quando vede una persona che gli si avvicina, chiedendogli qualsiasi tipo di cosa, cerca di attaccare bottone in qualche maniera per scoprire qualcosa in più di lui. E così accadde anche con quel ragazzo, che dopo avergli chiesto l’accendino, iniziò a far uscire delle parole confuse dalla sua bocca.
“Non ho il biglietto, devo andare a Bologna”.
“Cosa?”.
“No niente, scusami, farneticavo da solo. Auguri comunque”.
“Auguri anche a te. Ma che cosa vai a fare a Bologna, senza biglietto?”.
“Vado dal mio ex”.
“E lui lo sa?”.
“No”.
“Ah”.

M. è un tipo estremamente razionale, si fa domande dalla mattina alla sera. Poco prima si era interrogato sul motivo per cui le palette del caffè fossero bucherellate. E quel ragazzo in difficoltà fu il pretesto per pensare ancor di più alle pene della sua vita.

“Io l’ho tradito”.
“Ah, bene. E perché vai da lui?”.
“Perché lo amo”.
“E se lui ti dicesse di no?”.
“Non ci voglio pensare”.
“Sai già cosa dirgli?” disse M. con tono apprensivo, guardando direttamente negli occhi il ragazzo.
“No” disse prendendosi una pausa. “Poi strada facendo ci penserò”. Non lo farà.


Il ragazzo si congeda momentaneamente, in cerca di un controllore. M. prende la sua valigia, mette la sigaretta in bocca e si dirige verso la sua carrozza. È la numero 1, sale e posiziona il bagaglio sopra il suo posto. Si siede sulle scalette del treno e tira fuori un’altra Marlboro rossa. Vorrebbe avere un attacco di panico, ma il luogo, la situazione ed il suo orgoglio non glielo permettono. Inizia a pensare a tante cose, come alla sua ex-fidanzata. Inizia a ricordare i suoi comportamenti e le sue parole. L’idea dell’attacco di panico lo riaccarezza di nuovo, ma l’ennesimo tiro di sigaretta lo salva. Suo nonno gli diceva sempre di pensare al mare “quando era triste e stava male”. Lui seguiva sempre i suoi consigli, gli voleva bene e continuava a chiedersi a distanza di anni per quale motivo la malattia lo avesse portato via così presto. Ma nell’esatto momento in cui iniziava a chiedersi il perché, cominciava a pensare al mare. E così fece molte volte in quella notte. Mentre la sigaretta è a metà si avvicina un controllore; M. inizia a cercare il biglietto, con l’intento di mostrarlo, ma la risposta che ricevette fu sorprendente.

“Vuoi un goccio di spumante?”.
“Come scusa?”.
“Giovane, sveglia! Vuoi un goccio di spumante?”.
“Ehm, ok sì”.
“E allora seguimi”.


M. seguì il controllore, ignorando che in una mano c’era una bottiglia di Fontanafredda. Altri controllori e macchinisti spuntarono muniti di bicchieri di plastica, M. capì e iniziò a ridere. A tutto aveva pensato, tranne che brindare al nuovo anno con dei macchinisti e dei controllori. Ma lo fece di buon grado, con un sorriso sincero, per come era nato quel brindisi.
“Fai una cosa: fammi vedere il biglietto va’. Così non ti rompo più le scatole”.
M. glielo mostrò e ringraziò tutti quanti per il goccio di spumante. Si girò incupito, pensando che non avrebbe dovuto festeggiare il Capodanno in quel posto, con quelle persone. Pensava a cosa stesse facendo la sua ex. Lo sapeva, lo accettava, ma lo rifiutava e non faceva nulla per dimostrare il contrario. Per questo tirò fuori un’altra sigaretta, ma mentre teneva il pacchetto tra le mani fu sorpreso dallo stesso controllore che vide la sua reazione e gli disse una cosa con fare paterno.
“Le cose vanno come devono andare. Il tempo decide per noi e non è mai il contrario. Buon viaggio, giovane. E buon anno”. 



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