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domenica 20 luglio 2014

Israele, prima della guerra

La guerra non può far altro che portare distruzione, quella che il Medio Oriente vede giorno dopo giorno sulla sua pelle. Quella pelle che è lacerata, consumata, dalle bombe che hanno un effetto catastrofico, peggio della lebbra. Ogni giorno notizie di morti e feriti si susseguono, ogni giorno approcci di tregua fanno sperare, ogni giorno almeno una dozzina di umani muoiono, per la loro terra, per una lotta millenaria, storica, dolorosa. Il conflitto tra Israele e Palestina è roba vecchia, si sa, gli attriti, che questa ha trascinato negli ultimi anni, sono troppi, la voglia di pace è poca. Sembrano passati anni luce dal premio Nobel alla pace assegnato a Peres, Rabin e Arafat, per gli accordi di pace per la situazione medio-orientale. Ora la situazione è completamente diversa: guerra.

Eppure 3 mesi fa l'aria di Israele era diversa, si respirava tranquillità per le strade di Gerusalemme. Si passeggiava in un minestrone, un insieme di culture, di bazar e di persone, che ci sarebbe da scommettere, avrebbero storie incredibili. Odori, culture, storie. In tre parole puoi riassumere il valore dei passi che stai per fare. Calpesti involontariamente secoli di storia, mattoni che sembrano lucidi, nuovi di pacca, ma che in realtà sono vecchi centinaia e centinaia di anni. La meraviglia della Via Crucis, attraversata in mezzo ad un mare di gente, era accompagnata dalla presenza, immancabile, di uomini delle forze dell'ordine. La convivenza con i mitra doveva diventare per forza di cose obbligatoria, ovunque ti giravi ne trovavi almeno uno. Quei mitra servivano a garantirti quella tranquillità, di cui tanto si parla, nascosta dietro la ricerca di autorità. Israele vuole sentirsi forte e questo lo percepiva anche il più comune dei turisti. Ma d'altronde questo paese offre questo: da una parte rimani estasiato dalla visione del Muro del Pianto, dall'altra aspetti ore per controlli all'aeroporto.

L'orgoglio di Israele si fa sentire e quella visione così affascinante del cuore di una nazione, può svanire di fronte ai telegiornali di questi giorni. E' guerra e non ci sono mezzi termini per descrivere ciò che sta accadendo. Muoiono le persone, muoiono soprattutto i bambini. Papa Francesco prima dello scoppio di questo conflitto aveva invitato i leader di Palestina e Israele nei giardini vaticani per pregare assieme per la pace. Dopo quell'incontro storico le cose non sono migliorate, anzi. Gli accorati appelli di Francesco in questi giorni occupano pagine di giornali e si spera possano far smuovere gli animi. Milioni di animi che sono stati smossi su twitter all'insegna di un hashtag, tanto breve quanto efficace: #StopBombingGaza. Perchè quei bambini meritano un futuro.
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