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giovedì 1 dicembre 2016

Non sapevo di essere amico del cassiere del supermercato



Ogni giorno è tutto un bip. “Salve signora”, “ha la tessera?”, “vuole i punti?”, “i pupazzetti per sua figlia”. Lo stesso meccanismo ripetuto ogni millesimo di secondo, automatizzato fino allo sfinimento.
Il supermercato ha le luci accese tutta la notte, ventiquattro ore al giorno, tutti i banchi frighi accesi per un’eternità, senza badare alle festività, al giorno sacro, di riposo, senza pensare all’ora del riposo. Ed è sperduto, nel nulla della periferia più assoluta, in mezzo ad un branco di lupi mendicanti, pronti ad azzannare come se non ci fosse un domani l’ultima confezione di friarielli. Tipico prodotto milanese.

Ma che logica umana è questa? Quella del consumismo? Quella del capitalismo? Ah, caro Fidèl. Spero davvero che tu non abbia mai fatto un giro per questi supermercati, altrimenti saresti già morto da un po’! Però di una cosa secondo me anche Castro avrebbe riso. Quando sul punto di pagare, il cassiere, oltre alle formule di rito tipiche del miglior stregone, inizia a sputare fuori confidenze da amico, perchè forse ha riconosciuto in te un viso amico, perchè forse si è rotto davvero il cazzo di quel maledetto turno di 10 ore, che non finisce mai.

“Sai che ti dico? Adesso vado a farmi una canna” mi disse una volta un ragazzo dandomi lo scontrino. Azz, chapeau. Sempre meglio di quella che, non abbastanza goffa di suo, vede arrivare il carico di monetine per il resto e le inizia a contare sbagliando perennemente il conto. Viviamo in bilico sul filo di un banco dei surgelati e il reparto degli alcolici. Che guai a toccarlo dopo la mezzanotte. E io che pensavo che le amicizie ai nostri tempi si facessero online, mi sa tanto che un nuovo modo c’è: andare al supermercato. Ahi ahi, il consumismo.

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