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lunedì 15 febbraio 2016

Ermal Meta (forse) è “Umano”



Se ci si affacciasse sul grande panorama musicale italiano non si noterebbe un grandissimo eccesso di originalità. Chiaro, evidente, specialmente se poi stiamo lì a guardare sempre le nuove proposte che escono dai talent. Voci buone, personaggi curiosi, ma scarsi di contenuto alla fine. Per quale motivo? Perchè il talento si cerca, ma il contenuto no. Uno può anche avere una buona materia prima, ma se non si trova il modo per saper lavorare quel materiale, non se ne fa niente.

Qualche giorno fa ho acceso la televisione ed ho messo su Rai Uno. Era appena iniziata la seconda serata del Festival di Sanremo. Premesso che, tra i big, le novità e le cose curiose le hanno paradossalmente portate i “vecchi” (da Enrico Ruggeri agli Stadio, che infatti hanno vinto), ho atteso con curiosità l’angolo delle Nuove Proposte, che Carlo Conti ha ottimamente portato alla ribalta del prime time. Perchè, diciamocelo, prima questo spazio e questo pubblico ‘sti ragazzi non ce lo hanno mai avuto. Al passo della prima sfida, tra Chiara Dello Iacovo e Cecile, sono poi saliti sul palco Irama ed Ermal Meta. Eccolo, Ermal. Lo avevo già seguito ai tempi de “La Fame di Camilla”, apprezzandolo anche parecchio. Avevo sentito alcune robe che aveva creato con il suo gruppo, ho saputo poi dello scioglimento con un pizzico di rammarico ed ho perso un po’ di vista il suo percorso. Fino a quando guardando Sanremo l’ho ritrovato sul palco dell’Ariston, presentando il suo primo lavoro da solista “Odio le favole”.

Per chi non lo sapesse, però, la storia di Ermal non è che nasce così all’improvviso, grazie ad una partecipazione casuale a Sanremo Giovani. Tralasciando la partecipazione con “La fame di Camilla” e questa da solista, Ermal a Sanremo ci era già andato un’altra volta: con gli “Ameba4” nel 2006. Ma nonostante Sanremo, il talento di questo ragazzo italo-albanese è lampante per altri motivi. Parlavamo prima del panorama musicale italiano, possiamo dire che molte delle canzoni uscite alla ribalta in questo periodo vedono la sua zampa. Ha firmato pezzi per Annalisa, Lorenzo Fragola, Patty Pravo, Francesca Michielin (tsk, mezzo Festival), Chiara, Marco Mengoni, Negrita, Francesco Renga e molti molti altri. Ma ora la caratura cantautorale finalmente può essere espressa nel suo contesto, in una ricerca musicale ben definita e che a Sanremo ha fruttato un terzo posto nella categoria Nuove Proposte.

Qualche giorno fa è uscito il suo primo lavoro da solista dal titolo “Umano”. Il pezzo che apre il disco è proprio “Odio le favole” ed il motivo per cui è una grande canzone sta nella struttura del pezzo. Ermal fa “Meta” (dovevo dirlo) subito, con sonorità puramente pop contaminate con synth elettronici che danno la vita alla canzone d’amore sanremese moderna. Il risultato è un pezzo fresco, molto radiofonico, ma soprattutto onesto. Di un ragazzo confuso, segnato dall’amore, ma a tal punto da accettare un addio. In “Gravita con me” il ritmo è decisamente più veloce, con al centro sempre il tema amoroso, tanto caro al Meta scrittore, ma con quelle contaminazioni di synth avvolgenti, che ritroveremo in quasi tutto il disco. I “Pezzi di paradiso” che invece dovremmo avere qui giù corrispondono a quell’anima stupenda, per cui vale la pena tutto, ma che comunque è al centro di una versione che vede le strofe quasi rappate. Tutte altre tonalità assume la bellissima “A parte te”, una ballad in cui Meta si avvalora del pianoforte, perdendosi nella nostalgia. Il filo logico sembra lo stesso di “Odio le favole”, ma l’impianto del pezzo è completamente diverso. Con parti di trombe, che impreziosiscono notevolmente il sound della canzone. Il ritornello di “A parte te”, e la canzone in sè, è stata in realtà usata qualche anno fa dal rapper Moreno, in collaborazione con Fiorella Mannoia che cantava il ritornello. Nonostante la canzone fosse molto diversa, essendo un pezzo rap, e nonostante la collaborazione della grande Mannoia, la versione di Meta è su un altro piano. Più intima, piacevole e naturale. Forse proprio perchè il pezzo, finito nelle mani di Moreno, in realtà era una sua intuizione. “Umano” è il manifesto dell’omonimo album con un ritornello da “ritornellaro”, molto in rima ed un ritmo incalzante. Quasi come “Bionda”, che si affaccia ad un sound più r’n’b, e che non fa stare fermi di certo. Parlavamo di pezzi radiofonici, “Volevo dirti” è uno di questi. La traccia conquista dal primo ascolto e non ci stupiremmo se fosse scelto come secondo singolo. La parte finale del disco è riservata alle confessioni dell’Ermal uomo, ma anche bambino, con “Lettera a mio padre” e “Schegge”. Nella prima tipicamente pop, che fa l’occhiolino ad un pezzo dei Keane di qualche anno fa, Ermal si apre totalmente a violini e pianoforti che rendono il pezzo solare, ma allo stesso tempo riflessivo, con le sue parole dedicate al padre a condire un pezzo orecchiabilissimo. Per quanto riguarda “Schegge”, l’atmosfera rimembra “A parte te”; il pianoforte la fa da padrone su questa ballad, con Meta che toglie ad una ad una le schegge che ferivano il suo cuore.

Un buon album, che denota sicuramente il talento cantautorale di Ermal Meta, ottima penna per i pezzi che scrive. Forse manca un po’ di coraggio nel perseguire altre vie musicali. La voce di Meta è molto bella ed esplorare altre sonorità potrebbe portare notevoli benefici, a quello che è un ottimo cantante. Nonostante ciò, la cosa che impressiona di Ermal è che di “Umano” ha ben poco. Tutti e nove i brani sono ottimi singoli, pronti da lanciare in radio e in quanto ad album, confrontandolo con le nuove proposte, si nota come sia avanti rispetto agli altri. E i numerosi brani scritti da lui, ma portati al successo da altri, fa capire quanta stoffa abbia questo ragazzo, che forse ora merita un po’ di fortuna personale. Per cui, gëzuar.
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